Quante volte abbiamo sentito la frase “la politica è l’arte del compromesso”?
Molte volte questa frase, che sa di sentenza irrevocabile di origine divina, viene declamata pomposamente da persone che la politica l’hanno vissuta o la praticano e sono tutti i giorni presenti “sul territorio”. Questa frase viene spesso usata ed abusata in situazioni nelle quali non si riesce a dare una spiegazione plausibile e accettabile a comportamenti incompatibili e inconciliabili con i programmi e le azioni che questo o quel partito aveva proposto in campagna elettorale. Appartiene a quelle frasi di emergenza, come i giubbotti arancione di salvataggio che vi mostrano le hostess negli aerei prima di partire, che tagliano qualsiasi possibilità di replica senza peraltro dare una spiegazione accettabile: frasi come ad esempio “... eeehh, caro mio tutte belle ‘ste cose, ma qua siamo in Italia….” con aggiunta di un sorrisetto ironico e di uno sguardo che dice “capisc’ammè…”, come se la condizione geografica del nostro Paese ci precludesse qualsiasi azione volta a migliorare la nostra vita. Facciamocene una ragione e mettiamoci l’anima in pace: le Alpi ci dividono dalla civiltà e dal progresso. C’è una specie di campo di forza (tipo quello che difende l’astronave Enterprise di Star Treck) che impedisce alle idee di progresso e di giustizia di superare il valico del Brennero oppure il traforo del Monte Bianco. O forse…… forse è il contrario: questo campo di forza serve a difendere il resto d’Europa da noi. Ma stiamo divagando. Ritorniamo all’affermazione iniziale. La lingua italiana, talvolta, ci riserva sorprese e gioca a divertirsi. Prendiamo il vocabolario Hoepli.it e alla parola “compromesso”, come sostantivo, leggiamo: Accordo fondato su concessioni reciproche; accomodamento: fare un compromesso; venire a un compromesso. Soluzione di compromesso, accomodamento in cui ciascuna parte rinuncia a qualche pretesa. In questa descrizione si esprime concretamente il senso del detto e conseguentemente il senso della politica: la mediazione tra parti per raggiungere obiettivi comunemente accettati e generalmente sono accordi “al ribasso”, come si suol dire, che più che accontentare, scontentano tutti. Da sottolineare che questa mediazione avviene anche (anzi direi soprattutto) all’interno di maggioranze di governo composte da più partiti e questo anche in presenza di programmi di governo già sottoscritti prima delle elezioni. A questa situazione, allo stato attuale, ci corre l’obbligo di inserire anche altri partiti che non fanno parte ufficialmente della maggioranza di governo, ma che hanno lo stesso peso decisionale (se non di più) di alcuni partiti presenti nella maggioranza. In questa situazione il “compromesso” diventa una parola quantomeno sinistra e foriera di oscuri presagi. Lo stesso vocabolario, però, alla parola “compromesso”, come aggettivo, enuncia: 1 Esposto a rischio, a danno, a cattiva fama: la sua salute è molto compromessa; l'affare è ormai compromesso; un nome compromesso. 2 Coinvolto, implicato in vicende equivoche: i due direttori compromessi hanno dato le dimissioni E qui viene fuori il gioco sottile tra il sostantivo e l’aggettivo dove si può vedere come a furia di “compromessi-a-ribasso” (sostantivo/mediazione politica) si arriva ad una situazione politica, sociale ed economica “compromessa” (aggettivo). Siamo sicuri che il compromesso continuo e senza limiti applicato dalla politica a tutte le azioni di governo, rappresenti sempre l’unica opzione auspicabile? Siamo graniticamente convinti che “il meno peggio” rappresenti sempre un risultato accettabile e anzi da ricercare e perseguire? La nostra situazione qui in Italia è oramai compromessa e arriverà presto il momento in cui tutti noi dovremo tutti fare i conti. Arriverà il momento in cui la politica dovrà smettere di usare il compromesso come metodo di lavoro e se non ci arriverà la politica ci arriverà qualcun altro, con le buone o con le cattive. Arriverà tra poco il momento in cui verranno prese decisioni che ci renderanno tutti più poveri, più deboli e vulnerabili e queste decisioni comprometteranno il nostro benessere, la nostra sicurezza economica, la nostra salute, il futuro dei nostri figli, la nostra vita. Arriverà il momento in cui i nostri rappresentanti in parlamento dovranno esprimersi chiaramente e senza giri di parole se stanno dalla parte dei potenti o dei deboli, se stanno dalla parte degli onesti o dei disonesti. Arriverà anche per noi cittadini il momento di chiederci se siamo onesti o disonesti, se meritiamo di vivere in un paese migliore di questo e se si, quanto siamo disposti a cambiare per farlo. Arriverà il momento in cui il “compromesso” con la nostra coscienza e con il nostro senso civico non sarà più sostenibile. Dovremo cambiare le regole del gioco, azzerare tutti i privilegi, a partire proprio dai nostri, piccoli o grandi che siano, senza più alcun margine di “compromesso” e scappatoie praticabili o percorribili. Saremo costretti, volenti o nolenti, a ricostruire le fondamenta del vivere civile con regole certe e chiare e dove chi sbaglia paga per davvero, un paese nuovo dove non esisteranno più scorciatoie e “compromessi” al ribasso. Nel frattempo non ci resta che aspettare e prepararci al peggio. Sarà un lungo inverno.
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Giugno 2020
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