Avete mai avuto un “nemico”? intendo un nemico fisico da combattere. Non credo molti di noi, chi aveva 18 anni nel 1945 ora ha o avrebbe 90 anni. Ma non c’è solo IL nemico, inteso in un evento bellico, possiamo avere altri tipi di “nemici”: il collega in ufficio che ci vuol fare le scarpe senza merito, il vicino di casa che non si cura di rispettare i criteri di buon vicinato, il parente che ha compiuto un sopruso ai nostri danni, il ladro che è entrato in casa svuotandola, e altri esempi potremmo aggiungere. Quando hai un nemico – un nemico vero – ti entra un tarlo nel cervello, non puoi distogliere l’attenzione, il tuo pensiero va sempre là, a quello che è successo e che consapevolmente stai aspettando che succeda ancora, il rancore che aumenta e ti fa pensare come proteggerti o addirittura vendicarti. Sembra che non riesci a pensare ad altro perché diventi prevenuto ed ogni piccolo segno viene interpretato nel senso che stai dando tu alle cose. Ogni piccolo segno. I vostri risparmi sono integri? Spero di si, ma sapete che non è così per tutti, qualcuno ha perso la propria liquidazione fidandosi di funzionari malintenzionati. Hanno trovato un nemico nella banca di cui si fidavano. I vostri figli o parenti stretti o voi stessi avete tutti un buon posto di lavoro a tempo indeterminato? Meglio così, ma vi rendete perfettamente conto che la povertà in Italia è aumentata più che negli altri paesi europei, più che in Grecia. Chi è sulla soglia della povertà pensa a cosa mangerà oggi e dove dormirà nella notte e se riuscirà a trovare un piccolo lavoretto in nero per qualche ora domani. Non ha tempo né voglia di pensare se ha dei nemici e chi sono, ma ci sono. Qualcuno di noi ha o ha avuto malati in casa e ha vissuto la trafila degli appuntamenti, degli esami e del ritiro dei risultati, l’ansia del giudizio del dottore, la preoccupazione di trovare un posto con urgenza o di dover pagare una visita privata dovendo rinunciare a qualcos’altro per far quadrare i conti a fine mese. In questo caso si presume che il nemico sia la malattia e non si ha voglia di pensare che oltre alla malattia c’è qualcuno che ce la fa vivere in un modo forse indegno. Dal 2015 l’1% più ricco dell’umanità possiede più ricchezza del resto del pianeta, oggi 8 persone possiedono tanto quanto la metà più povera dell’umanità, nei prossimi 20 anni 800 persone trasmetteranno ai propri eredi 2100 miliardi di dollari, una somma superiore al PIL dell’India (che ha 1,3 miliardi di abitanti) tra il 1988 e il 2011 i redditi del 10% più povero dell’umanità sono aumentati di meno di 3 dollari all’anno, mentre quelli del nostro 1% più ricco sono aumentati 82 volte tanto. Un amministratore delegato di una delle 100 società dell’indice FTSE guadagna in un anno tanto quanto 10.000 lavoratori delle fabbriche di abbigliamento in Bagladesh; negli Stati Uniti i redditi del 50% più povero sono cresciuti dello 0% mentre quelli dell’1% del 300%; in Vietnam la persona più ricca del paese guadagna in un giorno quanto la persona più povera in 10 anni. Se questo sembra ingiusto ed è percepito come un problema e se nessuno auspica che la tendenza continui ad essere questa, allora abbiamo tutti insieme un nemico da combattere. Non un nemico fisico, non in uno stato belligerante, ma nella consapevolezza che qualcuno ci ha tolto delle possibilità, ce le ha tolte per sempre, mentre a sé stesso non si è negato nulla. Già, ma io sono qui per parlare di fascismo ed anti-fascismo. Qual’era la nota negativa più caratteristica del fascismo? La più evidente è senz’altro l’esaltazione della razza, come rifiuto e desiderio di soppressione fisica delle altre razze. Non solo ebrei, anche armeni, bengalesi, tibetani, tutsi nella nostra epoca, i nativi americani del nord o del sud in altre sono razze volutamente soppresse. Un’altra nota negativa era l’annichilimento della dissidenza partendo dal fargli perdere ogni dignità con botte, olio di ricino, emarginazione. Lo storico Renzo De Felice individuava nella storia recente del nostro paese il fascismo movimentista e il fascismo di regime. Il primo ha goduto di un consenso popolare molto forte, maggioritario; il secondo è stato il braccio politico e ideologico che ha provocato i danni che ben conosciamo. Entrambi pensavano nei termini di un uomo nuovo quale era uscito dalle insanguinate trincee della Grande Guerra, un uomo che aveva combattuto e vinto un nemico fisico e si ritrovava addosso tutte le energie negative di questa lotta per la vita. L’incubo dei nemici era ad ogni angolo di strada, in chiunque minacciasse la volontà di potenza di questo uomo nuovo. Questo il fascismo storico, che è diventato il nostro nemico e che i nostri padri costituenti hanno combattuto prima con le armi poi con il diritto, regalandoci una Costituzione che avrebbe impedito a un possibile fascismo di ritornare. E lo abbiamo ben visto negli anni tra il ‘69 e l ‘84 del secolo scorso! Attenzione dunque a chi vorrebbe cambiare la Carta Costituzionale antifascista perché i nemici non si chiamano solo fascisti, ma hanno altre facce ed altre modalità di soppressione della nostra dignità. Attenzione a chi vorrebbe bypassare la nostra Carta Costituzionale antifascista passandoci il messaggio della mancanza di alternative, c’è sempre un’alternativa all’arrendersi di fronte al nostro nemico interiore. Attenzione a chi strumentalizza la nostra Carta Costituzionale antifascista approfittando del proprio status per togliere diritti acquisiti, magari esautorando le attività parlamentari e facendo prendere decisioni contrarie alla volontà popolare da tecnici e organizzazioni sovrannazionali di non chiara legittimazione. La nostra società post-moderna è frammentata, individualista, usando il termine del pensatore francese Lyotard “atomistica”. In questo scenario dove ciascuno pensa ai propri interessi, il sistema si autoregolamenta e non può contare neanche più su figure politiche o culturali di grande spessore. La mediocrità è evidente, ma la mediocrità non è uno stato che possa prendere il sopravvento, può solo portare le paure nella consapevolezza delle proprie debolezze. Condanniamo il fascismo, certo, e senza alcun dubbio. Quello storico come quello possibile degli skinheads che impongono la lettura di un proprio volantino o degli ignoranti tifosi di uno sport strapagato che offendono la memoria di Anna Frank o di chi vede nei nuovi deportati del Mediterraneo una minaccia razziale alla nostra cultura. Quest’ultimo esempio ci invita a pensare come un problema quando è affrontato con mediocrità e senza soluzioni crei tensione e poi paura e poi reazioni inconsulte. Se i problemi fossero affrontati insieme e con determinazione e trasparenza gli esseri umani della nostra epoca non si sentirebbero soli ad affrontare cose più grosse di loro. Ma nel problema dei migrati c’entrano anche le mafie, la corruzione. Queste organizzazioni compiono atti continuamente, provocano danni alla nostra società continuamente, sono presenti capillarmente dalla politica, nel voto di scambio, agli affari, non più nei luoghi originari ma dove c’è il business. Senza indietreggiare di un passo dalle conquiste democratiche dei nostri genitori, non facciamoci distogliere l’attenzione da quello che è il nostro nemico, colui che fa di noi - individui rimasti soli - carne da macello cui non spetta alcun diritto, a cui è possibile togliere ogni possibilità senza che una risposta democratica sia opposta, a cui non si concede l’onore di una dignità.
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Noi tutti viviamo in un mondo glocal, dove gli eventi globali si mescolano sempre più con quelli locali. E così in pochi giorni assistiamo impotenti davanti alla tv o su internet a quello che sta diventando sempre più un esodo biblico di intere popolazioni di paesi colpiti da guerre, feroci dittature, pulizie etniche e religiose, carestie, povertà assolute che cercano una disperata via di uscita in una fuga verso l’ignoto, verso l’Europa. Per loro la denominazione di “migranti” non è più applicabile: costoro sono profughi che scappano dalla loro terra per cercare di sfuggire alla morte. Giorno dopo giorno, allo steso tempo, assistiamo ugualmente impotenti all’inesorabile e inarrestabile depauperamento (economico, sociale, culturale, morale) delle nostre comunità. Fenomeno che ci tocca sempre da più vicino tanto da sfiorarci quasi fisicamente se non colpendoci direttamente alla bocca dello stomaco, oltre che al portafoglio. Siamo anche noi vittime di guerra, futuri profughi di una guerra non combattuta a suon di cannonate, ma egualmente rovinosa e devastante. Siamo anche noi vittime di bombardamenti esattamente come quella umanità sofferente che vediamo morire nelle acque del mediterraneo. Le bombe di quelle guerre distruggono la città mettendole a ferro e fuoco e lasciando solo macerie. Qui da noi la guerra invisibile sta distruggendo il nostro tessuto economico e sociale facendo chiudere oggi un panifico, domani una gelateria…. giorno dopo giorno, silenziosamente le serrande di imprese, società, artigiani, si abbassano per non alzarsi più il giorno dopo. Muoiono e spariscono silenziosamente nel caos della vita quotidiana. Ogni tanto, però, queste bombe colpiscono qualche palazzo importante, qualche industria, qualche centro commerciale in cui lavorano centinaia di persone. Allora, questa bomba economica invisibile, il rumore lo fa eccome e tutti, per un attimo, restano pensierosi e sbigottiti, prima di rituffarsi nel caos della battaglia quotidiana per la sopravvivenza. Ognuno per se e dio per tutti. Ma qual'è il legame tra queste due realtà appena descritte? Qual’è la connessione che tiene insieme queste due tragedie? Cosa hanno in comune i profughi e i licenziati? Da uno studio di Oxfam emerge che nel 2016 l’uno per cento della popolazione mondiale sarà più ricco del restante novantanove per cento. In altre parole l’1% della popolazione mondiale avrà concentrata nelle sue mani il 51% dell’intera ricchezza del pianeta. Oxfam, in una nota, chiede ai governi di adottare un piano di sette punti per affrontare la disuguaglianza: dal "contrasto all'elusione fiscale di multinazionali e individui miliardari" all'introduzione "di salari minimi". Se lo scorso anno, sempre secondo Oxfam, "gli 85 paperon dè paperoni del mondo detenevano la ricchezza del 50% della popolazione più povera (3,5 miliardi di persone). Quest'anno il numero è sceso a 80, una diminuzione - sottolinea - impressionante dai 388 del 2010. La ricchezza di questi 80 è raddoppiata in termini di liquidità tra il 2009-2014. Il problema che sta alla base di tutto è quindi la sempre più squilibrata distribuzione della ricchezza nel mondo. Questo vuol dire che la stragrande maggioranza di tutti noi lavora e produce ricchezza che non resta nel territorio o nella nazione in cui vive, ma “se ne va” a ingrassare quei pochi conti correnti dei grandi paperon de paperoni planetari. E’ evidente ormai, ad un occhio attento, a un orecchio allenato e a un cervello in grado di fare due + due che la nostra civiltà, che tanto ha dato in termini di progresso, scienza, tecnologia, arte, filosofia e di cultura, sta arrivando al capolinea e lo sta facendo ormai a passi sempre più veloci. Il debito pubblico mondiale oramai ha superato i 55 trilioni di dollari: 55 mila miliardi di dollari ($55.000.000.000.000) un debito inesigibile. Tanto per capirci il debito pubblico italiano ad oggi è di 2 mila e 361 miliardi di dollari ($2.361.000.000.000). Quello che sta avvenendo in Europa, ossia il disperato tentativo da parte delle banche centrali e della BCE di tenere in piedi un sistema destinato all’implosione, associato alla completa subalternità della politica dei diktat dei grandi organismi finanziari mondiali (= quel famoso 1% di cui sopra…), ci ricorda molto la storia del Titanic. Le banche, dal 2016, "devono informare la clientela del fatto che potrebbero dover contribuire al risanamento di una banca", ha detto il Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, durante un'audizione alla commissione Finanze del Senato. Vuol dire in parole povere che se una banca fallisce i creditori possono prendere i soldi dei nostri risparmi depositati nei conti correnti per ripianare i debiti che hanno prodotto le banche stesse. Cominciano a mettere le mani avanti, perché gli scenari di default non sono solo più ipotesi, ma concrete possibilità. Ma torniamo ai profughi. Qualche anno fa, parlando di questo argomento con un amico ghanese, mi disse alcune brevi ma significative parole: i poveri e i disperati vanno dove ci sono i soldi e se non vuoi che vengano a casa tua devi portare i soldi a casa loro. In questa breve frase è contenuta l’essenza dell’intero problema: la redistribuzione equa della ricchezza prodotta. Il nostro sistema di vita, di consumi e di sprechi ce lo siamo potuti permettere (e ce lo stiamo ancora permettendo) perché qualcun altro ha pagato e sta pagando sulla sua pelle il prezzo al posto nostro. La nostra qualità di vita, anche quella che noi consideriamo al più basso livello della nostra piramide sociale, per la stragrande maggioranza delle persone del pianeta rappresenta un traguardo da raggiungere, un sogno per cui lottare e rischiare. Quei morti nel mare sono quindi il prezzo che stiamo pagando per permetterci il nostro stile di vita. Quei morti non sono la causa dei problemi, ma rappresentano il tragico effetto delle nostre scelte quotidiane e del nostro modo di vivere e consumare. Alcuni di noi si riempiono la bocca di solidarietà, altri di buonismo ipocrita, altri di paura, altri di rabbia, altri ancora di infantile egoismo, ma in realtà nessuno di noi è disposto a ridurre drasticamente il proprio standard di vita per condividerlo con la stragrande parte dell’umanità che giustamente richiede la sua parte. Allora, che fare? Bene, cominciamo a chiedere, anzi no, a pretendere, a quel famoso 1% di paperon de paperoni di “mollare l’osso” e di redistribuire in modo equo la ricchezza da loro accumulata. Cominciamo a chiedere ai nostri politici di difendere la ricchezza prodotta nella nostra nazione, a farla rimanere nella nostra terra e allo stesso tempo di rispettare le ricchezze prodotte dai popoli nelle altre nazioni. Cominciamo a rispettare i diritti umani di tutti, ma proprio di tutti, perché esiste una sola razza: quella umana. Cominciamo a rispettare le economie, le ricchezze e le materie prime degli altri Paesi e se le vogliamo acquistare paghiamole un prezzo equo. Cominciamo a far valere il diritto sul sopruso, il giusto sul conveniente, l’uguaglianza di tutti di fronte alla legge. Cominciamo a pensare di vivere secondo le nostre possibilità, i nostri mezzi e le nostre risorse. Cominciamo a riordinare la nostra scala dei princìpi, magari mettendo davanti al denaro la dignità, il rispetto, l’umanità, la compassione. Cominciamo a considerare il valore delle cose e delle persone invece che il loro prezzo. Cominciamo a pensare che non tutto sia negoziabile e che sia sempre solo una questione di soldi. Cominciamo a pensare che il fine non può essere sempre e comunque una giustificazione e un alibi per i mezzi che usiamo. Cominciamo a pensare che un’azione giusta, molte volte, non è conveniente al singolo ma lo è per l’intera comunità e smettiamo di muoverci solo quando “ce ne viene in tasca” qualche cosa. Cominciamo a salvare gli esseri umani prima di salvare le banche. Cominciamo a pensare. Cominciamo, magari, a non appoggiare governi e dittature compiacenti solo perché utili per i nostri business. Cominciamo a considerare “potenziali mercati” quei paesi in cui i diritti umani vengono rispettati e promossi. Cominciamo, dato che ne abbiamo i mezzi e le tecnologie, a produrre energia rinnovabile e a ridurre drasticamente la nostra sete di petrolio e di gas raggiungendo così la nostra indipendenza energetica (=indipendenza politica). Cominciamo insomma a prenderci le nostre responsabilità per le azioni quotidiane e per le scelte che ogni giorno facciamo. Cominciamo a pensare che si può e si deve trovare il modo di vivere in un altra maniera, perché questa qui proprio non funziona più. Tempi molto duri si stanno prospettando all’orizzonte e, almeno per una volta, cerchiamo di non vedere il dito, ma di guardare la luna. Solo questo, forse, ci salverà. Forse è già troppo tardi, ma vale ancora la pena di tentare. In caso contrario i prossimi profughi saremo proprio noi. |
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