Quando un’idea rivoluzionaria si affaccia al mondo provoca sempre scompiglio e paura. Come sempre accade, la prima reazione è quella di bollarla come una utopia, un sogno irrealizzabile, un cortocircuito del cervello di qualche pazzo sognatore. Così ci mettiamo la coscienza a posto e continuiamo la nostra esistenza seguendo i solidi binari del nostro tran tran quotidiano. Poi però succede che questa idea rivoluzionaria comincia a “contagiare” prima altri pazzi e poi, uno dopo l'altro, anche persone che ritenevamo “con la testa sulle spalle” e degne di rispetto e considerazione. Allora un piccolo tarlo comincia a lavorare nel nostro cervello e non smette più. Una specie di inquietudine comincia ad aleggiare nei nostri pensieri e pian piano cresce fino al punto in cui, quando meno te l’aspetti, una domandina appare inaspettatamente, ma chiaramente, nei nostri pensieri: “... e se avessero ragione loro?”. Immediatamente ci scuotiamo dalla testa questa domanda e la nascondiamo sotto il tappeto della nostra esperienza quotidiana. E andiamo avanti. La realtà stessa sembra testimoniare l’impossibilità di applicazione di questa rivoluzione, gli anziani ti dicono che il mondo è stato sempre così e sempre così sarà. Il tuo lavoro, la vita che hai, le cose che fai, il tempo che trascorri, tutto sembra immutabile, mentre la televisione ci inonda di messaggi rassicuranti che dicono che non c’è alternativa a questa nostra civiltà e che le cose, come sempre si sitemeranno. Eppure….. Eppure il tarlo, instancabile, continua a lavorare e a scavare gallerie che indeboliscono la superficie delle nostre granitiche convinzioni. Eppure sempre più persone cominciano a pensare che questa utopia, in fondo, non è poi così irrealizzabile. Per strada, nei negozi, in autobus, in metro, incrociamo sguardi che pian piano impariamo a riconoscere, a individuare e alla fine ci scappa pure un piccolo cenno, un sorriso…. Il tarlo ha scavato così tanto che ha fatto cedere la struttura portante delle nostre ormai obsolete convinzioni. E allora una strana euforia ci contagia e pensieri fino a quel momento sconosciuti cominciano a venire alla luce: come sarebbe bello se….. e allora si potrebbe anche fare …… ma se tutti quanti fossimo…….. non ci sarebbe più bisogno di….. Poi… improvvisamente, un fatto banale, una situazione, una notizia particolare, ci strappano da quel sogno ad occhi aperti e ci riportano brutalmente alla cruda realtà, al nostro quotidiano che ora ci sembra ancora più grigio e privo di speranza. E allora ti accorgi che c’è ancora tanta strada da fare, tante persone da incontrare, tante idee da condividere, tanto sudore da spremere, tante delusioni da superare, ma la ricompensa è troppo grande e il sogno è troppo importante: l’occasione è quella irripetibile di cambiare il mondo intero. E’ solo allora che ti rendi conto di essere diventato parte di quella rivoluzione che niente e nessuno potrà più fermare.
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Forse il modo migliore per raccontare un fatto che ci stanno facendo passare come “normale” è quello di usare una metafora. Allora, immaginate una banda di "buontemponi" che, ogni giorno, entra in una banca, accede al suo caveau e, utilizzando falsi documenti, preleva dei soldi senza averne il diritto: in pratica ruba. Alcuni impiegati della banca, però, si accorgono che lì dentro sta succedendo qualcosa di strano e avvertono la polizia. La polizia interviene e blocca il gruppetto di truffatori.
In attesa del processo (che dura anni), altri amici dei "buontemponi", incuranti di quello che sta accadendo, continuano imperterriti a fare ciò che i precedenti compari facevano: entrare in banca, esibire documenti falsi e rubare del denaro. Al processo, finalmente, il giudice conferma che questa azione è illegale ed emette la sentenza che vieta con effetto immediato il proseguimento di questa truffa. Sapete qual’è la reazione dei nostri "buontemponi"? Questi simpatici personaggi fanno una proposta al giudice di rubare un po’ meno per quest’anno, poi ridurre ulteriormente l’entità del furto l’anno successivo, e così via fino a smettere di rubare nel giro di qualche anno, in questo modo da poter mantenere grosso modo il loro tenore di vita e avere il tempo di inventare una nuova truffa da usare per reperire soldi freschi. Insomma una specie di terapia a scalare come vienne applicata ai tossicodipendenti. E’ una storia strampalata? Non tanto. E’ quello che è accaduto con il finanziamento pubblico dei partiti. Ricordiamo che il Popolo Italiano si era espresso chiaramente sull’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti con un referendum nel 1993 che vide il 90% (novanta per cento!) degli Italiani favorevoli alla sua abrogazione. I nostri simpatici rappresentanti allora usano la semantica per aggirare l’ostacolo. Trasformano il termine Finanziamento in Rimborso Elettorale e, voilà… il gioco delle tre carte è compiuto. Per circa 20 anni TUTTA la classe politica ha continuato a prelevare indebitamente del denaro pubblico per le sue necessità, in barba a ciò che i cittadini avevano chiaramente deciso, fino a quando la Corte Costituzionale ha decretato che questo giochetto semantico non è legale. Come reazione a questa sentenza, TUTTI i partiti (tranne il MoVimento 5 Stelle) hanno quindi votato una nuova Legge sul finanziamento che prevede una riduzione progressiva del contributo (illegale e incostituzionale) in qualche anno. Questi signori dovrebbero RESTITUIRCI TUTTO IL BOTTINO accumulato in venti anni di appropriazioni indebite (un modo elegante per non dire furti), altro che riduzione progressiva del finanziamento. Lo volete capire che è ILLEGALE? Questa è la ennesima dimostrazione di come questi partiti se ne infischiano di tutto e di tutti e continuano imperterriti a fare i propri affari. Ancora per poco però. Post Scriptum Una dritta per tutti i ladri colti in flagranza di reato: proponete anche voi al giudice, anzichè di mandarvi in galera, di lasciarvi liberi e in cambio voi vi impegnate a rubare un po' meno l'anno prossimo e ancora un po' di meno tra due anni, fino a smettere definitivamente entro un tot di anni. Fateci sapere cosa vi risponde il giudice.... Vogliamo spendere due parole sull'Ucraina?
Noi italiani siamo continuamente distratti dai nostri sporchi affarucci di politica interna, ma poco più in là succedono cose importanti. Succede che un paese recentemente svincolatosi dall'asfissiante controllo della Russia sia abitato da due etnie di simile peso percentuale sul totale degli abitanti, una con una storia intrecciata a quella della Polonia, che guarda Mosca con sospetto, l’altra abitata da molti russi e russofoni, che vuole sostanzialmente agganciarsi a Mosca. Succede che questo paese è fondamentale per il trasporto del gas russo in Europa, succede che questo paese è appetito dalla Germania - dominante non solo nella UE ma anche nell'est europeo - come mercato di sbocco dei propri prodotti, succede che siamo sull'orlo della guerra civile con cecchini, squadre speciali e morti, morti, sempre morti. La Russia è il paese più compromesso finanziariamente con l’Ucraina. Finora ha mantenuto il paese a galla con un prestito di 3 miliardi di dollari, ma ulteriori prestiti sono stati attivati da banche private russe – così come dall’onnipresente FMI - per finanziare il debito sovrano ucraino di 60 miliardi di euro. Praticamente si trova di fronte alla scelta tra subire grandi perdite da un default o spendere sempre di più per sostenere l’economia dell’Ucraina. La stessa Russia è già vicina alla recessione; in realtà non si è mai completamente ripresa dal crollo post-Lehman nel 2008-2009 e ha posto un eccessivo affidamento su petrolio (ne produce tanto quanto i sauditi) e gas a discapito della produzione manifatturiera. Il tempismo dei moti di protesta è eccezionale: un mese prima delle Olimpiadi esplode il rancore ucraino contro il governo e le televisioni europee stigmatizzano come il “regime” sia finito, prossimo alla caduta. Vien da chiedersi, chissà chi sta finanziando la protesta contro Yanukovich, che “regime” non è … forse un po’ corrotto e sprecone, (noi italiani in questo campo non abbiamo niente da imparare da nessuno) ma queste sono caratteristiche che noi conosciamo e, purtroppo, sopportiamo bene. Oggi, nel corso dei giochi Olimpici, il governo filo russo dell’Ucraina non può reagire alla provocazioni, questione di orgoglio per la Russia: chi conosce i russi sa come l’orgoglio sia un elemento esistenziale del carattere della gente della steppa. L’altra parte è forse interessata a sostenere l’Europa e l’euro, prima di un’elezione europea cruciale per il futuro della ormai discutibile moneta unica a trazione tedesca, facendo riverberare sui media il messaggio che c’è ancora qualcuno disposto a combattere per entrare nel progetto europeo. Loro non sanno che in questo modo l’Ucraina rinuncerebbe alla sovranità politica ed economica e si trasformerebbe in una “colonia” dell’UE, ricevendo in cambio tutta una serie di impegni e nessun diritto. In linea di massima tutto quello che i commissari europei possono promettere all’Ucraina consiste nel perfezionare la democrazia e migliorare l’economia, in una prospettiva molto vaga, e che come al solito prevede un forte peggioramento nel breve periodo in cambio di effetti positivi presunti di lungo termine. La verità è che alla UE delle multinazionali serve solo avere nuovi acquirenti, nuovi target di mercato da curare; nuovi clienti cui piazzare beni e servizi. L’importante – pertanto – è chiudere l’accordo di associazione, indipendentemente dal contesto sociale, economico ed umano. Poteva fermarsi giusto adesso il processo di ampliamento del “territorio di caccia”? No di sicuro! E' quindi chiaro cosa sta succedendo? La Germania soffia sul fuoco della ribellione per far dell'Ucraina un obiettivo per i propri prodotti, la Russia tiene strette le briglia del governo ucraino per non avere impatti economici e finanziari e la Polonia ... beh, i polacchi per i tedeschi restano "stupidi", per i russi "inutili" ... ah ecco, sono degli inutili idioti come gli amici di Berlusconi per Alfano! Per concludere: è possibile morire per l'economia del profitto? Noi la risposta ce l'abbiamo, e voi? Post Scriptum. vediamo poi cosa succederà lunedì quando finiscono i Giochi di Sochi, che Putin si svegli con l'umore storto? I movimenti di truppe in Russia sono molto simili a quelli verificatisi durante la guerra in Georgia, nel 2008. I mercati stanno già scontando il rischio di un intervento russo e qualsiasi dispiegamento di truppe russe per sostenere il governo ucraino – anche se dietro invito del presidente Viktor Yanukovich – potrebbe finire fuori controllo, portando ad uno stallo nei rapporti Est-Ovest che non si vedeva dai tempi della guerra fredda. Potrebbe anche essere visto come una riedizione dell’intervento russo in Ungheria del 1956... Che cos’è la legalità? La legalità non è un bel vestito da indossare solo nelle occasioni di festa; la legalità deve essere, invece, una seconda pelle che deve guidare ogni azione dell’individuo in ogni attimo della sua vita. Quando e dove nasce la legalità? Il sentimento della legalità nasce certamente dall’educazione: in famiglia e a scuola ma non solo, si impara anche durante la pratica sportiva, ricreativa e culturale; alla base della legalità ci sono infatti valori come l’accettazione e la comprensione dell’altro, delle diversità ma anche l’uguaglianza, la tolleranza, il sano agonismo, il rispetto delle regole del gioco, e la cultura. Se per esempio comprendi la bellezza e il valore, non economico, di un’opera d’arte come puoi pensare di rovinarla … se comprendi nel tuo intimo l’importanza della cosa comune, l’importanza che ha per gli altri, come puoi pensare di trattarla male … il passo è breve, o no? Oltre a spiegare o educare è però necessario andare oltre, dalle parole si deve passare ai fatti, ed in questo senso gli esempi sono fondamentali per le nuove generazioni; ogni azione, parola, nonché pensiero di noi individui adulti deve parlare di legalità. Non esiste una scala di importanza nell’essere legali, chi compie anche minime azioni in spregio alle leggi o agli interessi della comunità da un cattivo esempio indipendentemente dall’importanza del reato o dell’azione compiuta. Come si può pensare di educare le nuove generazioni al rispetto della cosa pubblica se per primi sono i loro punti di rifermento a non rispettarla? Chi ha cariche pubbliche o comunque elevata visibilità ha responsabilità enormi; ogni suo gesto, positivo e negativo, avrà una risonanza maggiore. Chi ha questa visibilità non deve smettere mai di parlare di legalità ed agire coerentemente con i sani principi dell’etica, della giustizia e della moralità. Chi ha cariche pubbliche, le avrà o ambisce ad averle deve essere cosciente del fatto che ogni tentativo di infiltrazione malavitosa o ogni tentativo di corruzione dovrà essere immediatamente denunciato, ogni persona che ha contatti con l’illegalità dovrà essere tenuta a debita distanza, senza se e senza ma; ricordiamoci bene, che la distinzione tra persona che opera nella legalità e persona che opera nell’illegalità non è così netta e non può essere esclusivamente di ordine giuridico in quanto anche la moralità di una persona è rilevante a tal fine. Ed infine, nell’ambito di una campagna elettorale, non conta quante volte verrà citato il termine legalità da un candidato o dal suo partito/lista/etc ma sarà invece importante verificare le azioni passate e presenti oltre che il suo programma e, successivamente, se il suo futuro operato, trasuderà legalità da ogni singolo punto e azione. La legalità per mettere radici in questo territorio deve essere curata, seguita ogni giorno come si farebbe con un germoglio; se avremo avuto cura di esso un giorno diventerà un albero alto e maestoso, con radici forti che ci riparerà tutti sotto le sue ampie fronde. L’illegalità si combatte a FATTI e non a parole. Ti ricordi sicuramente quale partito hai votato. Forse però non ti ricordi bene per cosa hai votato. Qui sotto un breve promemoria per ricordarti come sono andate davvero le votazioni in parlamento. Tutto il resto sono solo chiacchiere da bar...
Fai clic qui Cogliamo l’occasione di una notizia che, come al solito, è passata quasi senza far rumore, ma pensiamo sarà destinata a segnare nella nostra storia un “prima” e un “dopo”. Qualche giorno fa è stata presentata alla Camera dei Deputati la prima proposta di legge scritta direttamente dai cittadini: il tema era l’abolizione del finaziamento pubblico all’editoria. Non è importante il “cosa”, ma è importantissimo il “come”. Lo scheletro della proposta è stato costruito da alcuni deputati del MoVimento 5 Stelle ed è stato pubblicato nella apposita piattaforma di discussione (LEX) alla quale tutti gli iscritti certificati al M5S sono abilitati ad accedere e a interagire. Risultato: gli interventi sono stati 4.456, di cui 3.269 suggerimenti, 639 integrazioni, 137 modifiche, 258 obiezioni e 57 vizi di forma. Questo fatto rappresenta un passaggio epocale, un evento al quale faranno riferimento tutti gli altri movimenti che nel mondo ci stanno seguendo e studiando. Si, ci stanno proprio studiando per capire come possano anche loro implementare questi sistemi nei loro paesi. Siamo il primo Paese al mondo in cui una legge è stata proposta, discussa, emendata, integrata, direttamente dai cittadini. Vedrete che questa proposta di legge verrà respinta dagli altri partiti presenti in parlamento (ne hanno tutto il diritto, per carità), ma ciò non toglie il valore e l’importanza storica del fatto in se stesso, anzi… a ben vedere lo ratifica e lo certifica come passaggio chiave tra il “vecchio” e il “nuovo”. Da oggi abbiamo la certezza che esiste un altro modo di fare politica e di partecipare alla vita del Paese. Da oggi chi vi dice che il modello di democrazia diretta non funziona, mente. Il modello dell’intelligenza condivisa, dopo essere nato nelle università, sviluppato nelle relazioni sociali, cresciuto nel mondo della produzione e dell’informazione, sta prendendo il suo giusto posto anche nel campo più delicato: la politica. Ma allora la politica è morta? La politica, così come è stata intesa, strutturata e praticata dai tempi dell’impero romano fino ad oggi, sicuramente non è più in grado di assolvere alle richieste e ai bisogni dei cittadini di questa società. Ognuno di noi può quotidianamente constatare e misurare quale sia la distanza siderale che separa il Palazzo dai Cittadini. Ma attenzione: la Politica con la P maiuscola, quella dei grandi ideali e quella del bene comune, ritornerà di moda. Il Politico (quello vero, sempre con la P maiuscola) avrà la possibilità (come mai l’ha avuta nei secoli) di combattere la sua battaglia esclusivamente con la forza delle sue argomentazioni, delle sue tesi, delle sue proposte, confutando quelle dei suoi avversari (e non più nemici), con l’unico obiettivo di convincere il maggior numero di cittadini della bontà delle sue tesi. Il cittadino, d’altro canto, avrà la possibilità di seguire tutte le argomentazioni, dando anche il suo personale contributo di idee e di critiche, se lo ritiene utilie, ascoltare tutti i pareri e, solo dopo, votare in piena libertà e coscienza. La Politica potrà riacquistare quella dignità che oramai da moltissimi anni le era stata rubata. Oggi ci sono i mezzi, la tecnologia, la possibilità, la capacità culturale, le competenze e la sensibilità sociale per attuare compiutamente questo percorso-progetto: Trasformare il parlamento in un luogo dove i cittadini, tutti i cittadini attivi, possono dibattere, discutere, informarsi e alla fine decidere e deliberare. Ai parlamentari resterà il compito di ratificare e deliberare sulla base delle decisioni prese dall’intera cittadinanza attiva italiana. Potete facilmente immaginare come questa rivoluzione copernicana vada ad impattare violentemente con gli interessi di chi attualmente tiene saldamente in mano le leve del potere e non mi riferisco solamente alla classe politica che non è altro che la punta di un iceberg ben più complesso e ramificato. Potete altresì facilmente immaginare come questo passaggio verrà osteggiato e ostacolato con tutti i mezzi leciti e anche illeciti. Qui sotto, un breve pro-memoria sempre utile da tenere a mente in questi momenti: Ogni cambiamento passa sempre attraverso tre stadi:
La fase 1 è stata già ampiamente superata dall’esito delle passate tornate elettorali. Non è più possibile ridicolizzare il 25% degli italiani. Ora siamo nel pieno della fase 2, come potete voi stessi verificare quotidianamente. Passerà…. e poi si arriverà inevitabilmente alla fase 3. Il cambiamento è già iniziato e niente e nessuno lo potrà più fermare. Uno dei “poteri forti” che si oppongono al cambiamento è il potere della burocrazia. Esaminiamo l’attuale rapporto che esiste tra la politica e la burocrazia. La politica (cioè quelli che noi cittadini eleggiamo nelle elezioni) deve delineare le linee guida e gli obiettivi strategici da conseguire nel corso del suo mandato. Su queste linee guida (il “programma” elettorale) il politico riceve il consenso da parte dei cittadini. La burocrazia ha il compito di trasformare in azioni il mandato dei politici, azioni che siano consentite dalle leggi e dalle norme in vigore. Diciamo quindi che il burocrate è l’esecutore materiale delle indicazioni del politico di turno. Analizziamo un attimo il rapporto che esiste tra il burocrate e il politico. Il politico, onesto o disonesto che sia, capace o incapace che sia, viene scelto ogni cinque anni dai cittadini. Può impartire le direttive “politiche” al burocrate, ma di fatto, su di lui non ha alcun potere. In definitiva, se il burocrate non fa bene il suo lavoro, alla fine chi ci rimette è il politico, che non verrà più rieletto dai cittadini scontenti del suo operato. Il burocrate, invece, rimane sempre al suo posto, conosce vita morte e miracoli del palazzo, ne conosce le zone d’ombra, i ripostigli bui, sa esattamente dove sono gli armadi con all’interno gli scheletri accumulati in anni di attività. Il burocrate non deve rendere conto a nessuno del suo operato, gli basta rimanere all’interno dei confini delle leggi e dei regolamenti (in Italia ne abbiamo a bizzeffe) che molte volte lui solo conosce ed è in grado di interpretare. Alla luce di quanto sopra, chi delle due figure, secondo voi, ha più potere? Il potere della burocrazia è mille volte superiore a quello della politica e la politica ha davvero poche armi (per di più anche spuntate) per affrontare questo duello. Ma gli altri come fanno? Beh, una soluzione è quella dello spoil system, un sistema cioè, che lega il burocrate (a livello dirigenziale) ai destini del politico: in altre parole, il politico che vince, si porta con se il suo staff dirigenziale e manda a casa quello vecchio. In questo modo il potere contrattuale del burocrate nei riguardi del politico si ridimensiona fortemente. Se affonda la barca, annegano entrambi. Attuare questo sistema, però, vorrebbe dire di chiedere alla burocrazia di realizzare un sistema che ha l’obiettivo di ridurre il suo stesso potere, insomma una specie di suicidio di massa di tutti i burocrati. Non funzionerebbe mai. Che fare allora? Una soluzione che non comporta azioni autolesionistiche dell’apparato burocratico, ma che dà immediatamente dei sostanziali miglioramenti all’intero sistema, è quello del coinvolgimento pubblico del burocrate nella programmazione delle attività comunali. Prima di fare un esempio concreto (così è più facile per intenderci), va sottolineato il fatto che la burocrazia usa la giungla delle leggi e dei regolamenti come una barriera per difendere le sue posizioni di potere acquisite che potrebbero cadere o indebolirsi con il cambiamento. La burocrazia è quindi sempre schierata sulla roccaforte con i cannoni pronti a sparare a zero su chiunque si avvicini e tenti di eroderne il potere o di controllarne l’operato, chiunque sia il politico di turno che vada all’attacco. Ed ecco che il politico è necessariamente costretto a venire a patti….. La rivoluzione che noi intendiamo passa sempre attraverso i soliti punti che ripeteremo fino alla nausea: trasparenza, partecipazione, competenza, innovazione, comunicazione. Le proposte che stiamo elaborando vanno in questa direzione: la trasparenza dei processi decisionali, la partecipazione attiva dei cittadini attivi, la condivisione dei saperi, l’informazione e la comunicazione di tutto ciò che accade fuori e soprattutto dentro il palazzo comunale. Allora, adesso facciamo un esempio. Viene discussa una proposta, nata da un gruppo di cittadini, oppure da un consigliere comunale (maggioranza o opposizione), oppure da un assessore o direttamente dal sindaco (vedi la nostra proposta specifica). All’interno di questo Tavolo di Discussione sarà comunque SEMPRE PRESENTE un dirigente comunale (Nome e Cognome e funzione), nominato dal Sindaco o dall’assessore competente, rappresentante comunale della parte amministrativo/esecutiva. Questo funzionario sarà responsabile, fin dalla fase di discussione del progetto, di fornire pubblicamente al gruppo di lavoro tutte le sue valutazioni di fattibilità, e della sua conformità ed ammissibilità giuridico/amministrativa. In questo modo, dato che il Tavolo è pubblico, ogni cittadino sarà informato su quali sono i problemi da risolvere o i nodi da sciogliere per attivare quel progetto. Ogni cittadino saprà, inoltre, chi è il funzionario che ha dato il suo parere professionale e sia stato determinante per la riuscita o meno del progetto. Aggiungiamo inoltre che la possibilità di condividere queste informazioni con una platea di cittadini e di professionisti può essere una risorsa aggiuntiva, innovativa (ed a costo zero!) per la risoluzione di eventuali “passaggi delicati” ed interpretazioni giuridiche adeguate o soluzioni tecniche avanzate. Adesso provate a proporre questa idea al vostro candidato sindaco e fatevi dare una risposta CONCRETA. Come sempre, qui troverete sempre solo FATTI e PROPOSTE REALIZZABILI DA SUBITO. Ah, dimenticavamo, tutto questo è a costo ZERO.... |
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Giugno 2020
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