E’ primavera e le giornate si allungano, l’aria diventa tiepida, la natura si risveglia dopo il lungo sonno invernale, si vedono sbocciare le prime gemme sugli alberi.
Sui balconi e sui terrazzi sbocciano i primi fiori e per le piazze e nelle sedi dei partiti e delle liste civiche fioriscono come per incanto Gruppi di Studio, Assemblee aperte ai Cittadini, Agorà piene di partecipazione, Banchetti, Bandiere che sventolano, Tavoli e Tavolini di ogni tipo (mancano solo quelli dell’Ikea) appaiono magicamente dappertutto. E così, dopo cinque anni di letargo, a Cesano, la partecipazione e il senso civico riprendono vita in un turbinio di proposte, idee, sorrisi, pacche sulle spalle, strizzate d’occhio alla Razzi, ottimismo e buona volontà a buttar via… E così, dopo cinque anni, si ritorna a parlare, a promettere, a giurare e spergiurare ad assicurare che questa volta le cose le cambiamo davvero, che questa volta abbiamo un gruppo di giovani con idee innovative, che questa volta tutte facce nuove, che i vecchi devono fare un passo indietro, che questa volta non ci sarà il mercato delle vacche degli assessori, perché andranno scelti per le loro qualità e competenze, che questa volta corriamo da soli, che basta con la vecchia politica….. Insomma, a soli due mesi dalle elezioni si è messo in moto il carrozzone del circo elettorale. Venghino signori, venghino da questa parte! La crisi è dura per tutti, ma vedrete che come al solito un posticino ve lo troviamo sempre... Come nella più classica commedia dell’arte (non per niente è nata in Italia) assisteremo a durissime prese di posizione, a polemiche aspre, a cattiverie e pettegolezzi incrociati, coltellate nella schiena, a sussurri e grida con accuse reciproche di colpe e responsabilità. Ora ci si mettono anche i social network e vai con un tripudio di immagini, interventi, battibecchi, pettegolezzi, insulti più o meno velati, tanto è tutto aggratis… Pagine web che si sprecano, piattaforme, siti, gruppi di Facebook, addirittura Twitter (ma c’è qualcuno che lo segue? boh!). Insomma vedremo litigi conditi in tutte le salse, vedremo persone che se ne vanno sbattendo la porta, persone che proclameranno la propria illibatezza politica sulla pubblica piazza, gente che difenderà l’indifendibile, vedremo la realtà dei fatti stravolta e modificata ad uso e consumo della causa di questo e di quello… un bel cinema aggratis. Il tutto poi per tornare, dopo le elezioni, esattamente a come si era prima, al punto di partenza. Ci permettiamo quindi, sommessamente, di fare alcune considerazioni nel merito: E’ da un anno, da quando è nato a Cesano, che il Movimento 5 Stelle è presente fisicamente in paese. E’ da un anno (fate mente locale un attimo) che vedete i nostri banchetti in tutti i quartieri di Cesano. Campagna elettorale? No. Noi non vogliamo convincere nessuno a votarci. Noi vogliamo informare i cittadini e fare in modo che prima di votare abbiano tutte le informazioni necessarie per poter decidere in piena coscienza. Noi pensiamo che se un cittadino è informato sul reale stato delle cose qui da noi, avrà la consapevolezza e la capacità di dividere il fieno dalla paglia. Noi siamo sul territorio e incontriamo tutti i cittadini perchè li vogliamo conoscere, parlare e guardarli negli occhi, uno per uno, vogliamo ascoltare i loro problemi e i loro desideri e vogliamo spingerli a guadagnarseli da soli partecipando attivamente e cambiando in prima persona per poter cambiare tutto. I nostri Tavoli di Lavoro sono attivi da un anno, hanno prodotto idee che sono state discusse e votate democraticamente: alcune sono state approvate, altre no, perchè in democrazia, quella vera, funziona che la maggioranza decide. I nostri Tavoli di Lavoro producono incessantemente idee e proposte e vi assicuriamo che non smetteranno di funzionare dal giorno dopo le elezioni, come faranno tutti gli altri. Perché siamo così sicuri di questo? Semplice. I tavoli degli altri sono concepiti esclusivamente per acquisire il consenso (il voto e quindi il potere) e perciò sono funzionali a questo scopo: portare a casa abbastanza voti da mandare in consiglio comunale almeno un rappresentante di lista. Questo non comporta necessariamente una valutazione negativa, ma è la logica conseguenza del fatto che si intende il cittadino come una entità che delega qualcun’altro per i prossimi cinque anni a pensare (e decidere) bene o male per lui. Un pò come si fa alle riunioni di condominio dove molti delegano altri condomini a partecipare (e a votare) per procura. Una volta acquisito il consenso, quindi, che senso ha continuare a mantenere attivo il tavolo delle idee? Il nostro concetto di partecipazione, invece, è totalmente differente: è il singolo cittadino che deve decidere. Basta deleghe in bianco e lo strumento per discutere, proporre e decidere è proprio quello dei tavoli di lavoro. Ecco perché i nostri tavoli non chiuderanno mai e saranno aperti sempre a tutti i cittadini attivi: perché è questo il nostro modo di fare politica. Noi ci siamo stufati di delegare ad altri il nostro destino. Ci siamo presi l’impegno di decidere con la nostra testa cosa è bene per la comunità. Ecco perché noi non vogliamo convincere nessuno a votare per noi. Vogliamo solo che il cittadino sia informato e consapevole. Godetevi quindi questo circo e divertitevi a commentare e a partecipare, ma sappiate che da dopo il 25 maggio gli unici Tavoli che rivedrete saranno, come sempre, solo i nostri... e quelli dell'Ikea. Gli altri, per i prossimi 5 anni, li useranno solo per le scampagnate e i pick-nic… garantito al limone!
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C’era una volta, in un paese lontano lontano, ai margini di un grande bosco, un piccolo borgo, abitato da tanta gente industriosa ed operosa. Arnolfo, il borgomastro di questa comunità, apparteneva ad una famiglia che aveva da tempi immemorabili amministrato la comunità, cercando sempre di accontentare tutti, ma un po’ di più i suoi amici. Il vecchio borgomastro viveva nel castello costruito sul punto più alto del paese, proprio vicino al bosco. Questo castello aveva mura alte e spesse e nessuno vi poteva entrare. Il fossato era riempito di acqua nella quale sguazzavano i coccorocrati, i coccodrilli burocrati che non permettevano a nessuno di avvicinarsi. Questo piccolo borgo faceva parte del reame di Furbonia, un regno in cui più che un re comandava la corruzione e il malaffare. Furbonia però, era un paese molto ricco e per molto tempo il suo enorme tesoro fu utilizzato per tenere buoni tutti i sudditi che altrimenti si sarebbero ribellati al malgoverno del re. Ogni anno, dalla capitale, arrivava un forziere con tanti denari sonanti che Arnolfo dispensava a destra e a manca senza curarsi troppo se essi venissero ben spesi o sperperati. Egli sapeva benissimo cosa fare e dove arrivare e organizzò per molti anni molte attività spendendo ogni singolo solido che gli arrivava. Non contento, chiese in prestito alle banche altri denari per costruire ancora di più. Alcuni cittadini cominciarono a dire che forse il piccolo borgo non era abbastanza ricco per sostenere tutti questi debiti e che era molto pericoloso fidarsi solo sui soldi che arrivavano da Furbonia, ma venivano immediatamente zittiti dai coccorocrati che dicevano che erano tutte fesserie e che i conti erano in perfetto ordine. Accadde però che Grauso, il re di Furbonia, sperperò tutta la sua ricchezza rimanendo senza nemmeno un solido e Ilderico, il suo ciambellano, non sapendo che altro fare, cominciò ad aumentare le tasse al popolo e mandare molti meno solidi nei suoi borghi. E fu così che il nostro borgomastro Arnolfo si trovò in una brutta situazione perché non aveva più solidi per pagare i suoi debiti con le banche, non aveva più solidi da distribuire tra i notabili e gli uomini d’affari, non aveva più neanche quei pochi solidi che ogni anno dava ai poveri. I cittadini allora cominciarono a protestare chiedendo di sapere quanti solidi venivano spesi e dove venivano spesi, cominciarono a chiedere a gran voce di poter leggere tutti i documenti e chiedere che si controllasse meglio il modo di fare le cose. Raggiunti i limiti di età, il vecchio borgomastro dovette lasciare il suo incarico. Spettava a suo figlio Alfrone prendere il suo posto, un giovane di belle speranze e di lingua tagliente. Egli aveva il dono di incantare le persone col suo eloquio ed era molto scaltro. Capì infatti, che se voleva mantenere il potere nel borgo doveva convincere tutti i cittadini che lui era di un’altra pasta rispetto al suo vecchio padre e che avrebbe fatto grandi cose rivoluzionando l’intero castello. Tutto sembrava andare per il meglio quando un gruppo di cittadini si organizzò e decise di mandare un suo rappresentante, Ewald, a sfidare il giovane Alfrone. Cominciarono così ad andare per le strade e a parlare con la gente, con tutte le persone e chiedere loro cosa si dovesse fare per migliorare la vita del borgo. I compari e gli amici di Alfrone dapprima cominciarono a deridere e schernire questi umili cittadini, forti del loro potere, ma poi iniziarono a vedere che sempre più persone si fermavano a parlare con loro e che tanti addirittura si univano al gruppo. Più passava il tempo e più Alfrone diventava inquieto e perdeva giorno dopo giorno la sua baldanza e sicurezza. I cittadini, assieme a Ewald, scrissero una lunga lista di cose da fare tutte nuove e rivoluzionarie. Alfrone allora cominciò a far dire ai suoi araldi che quelle cose anche lui avrebbe voluto farle, ma che purtroppo non c’erano abbastanza solidi. Ewald invece, dimostrò che tutte quelle cose si potevano fare perché non costavano nemmeno un solido. Alfrone allora si mise immediatamente alla ricerca di altri alleati, anche tra quelli che fino allora erano stati suoi nemici: erano i potenti feudatari, che potevano aiutarlo a vincere. L’importante, per Alfrone, era conquistare la carica di borgomestro. Se avesse perso, il suo vecchiio padre, non l’avrebbe mai perdonato. Era vicino il tempo delle elezioni e ormai tantissimi cittadini erano fermamente decisi a voler cambiare le cose. Il giorno delle elezioni, tutti i potenti feudatari che fino a poco tempo prima avevano osteggiato Alfrone, si presentarono davanti ai seggi e fecero capire a tutti, con le buone o con le cattive, per chi chi fosse meglio votare. Il giorno appresso si seppe l’esito del voto: aveva vinto Alfrone. Di poco, ma aveva vinto. La dinastia era salva. Anche il suo vecchio padre Arnolfo andò nella sala grande del castello per fersteggiare il suo figliolo e complimentarsi con lui per la stupenda vittoria conseguita. Proprio quando la festa era al suo apice, improvvisamente si aprì la porta del salone con un fragore tale da ammutolire tutti gli invitati, bloccare i ballerini, zittire i musici e i santimbanchi. Ad uno ad uno, nella sala entrarono tutti i feudatari, scortati dai loro armigeri armati di tutto punto. Entrarono Gandulfo, Isnart, Leuthario, Randwulf e Sigmar. Poi entrò il gigantesco Godefrit, il più potente di loro, e avanzò verso il tavolo imbandito, sguainò il suo pesante spadone e con un colpo secco staccò la testa del maialino che era stato appena tolto dal forno e portato in tavola. Lasciò poi la spada conficcata nel tavolo e si congedò augurando una felice serata a tutti e in special modo ad Alfrone, dicendogli che quella spada era un suo grazioso dono che avrebbe potuto usare come fermacarte sulla sua nuova scrivania di borgomastro, in modo da ricordargli, costantemente, i vincoli di amicizia che ora li legavano indissolubilmente. In quel momento Alfrone capì che in quell’immenso palazzo, in mezzo a tutta quella gente, in realtà era un uomo solo e nulla avrebbe potuto fare senza il consenso dei potenti feudatari. Il potere concentrato tutto nelle sue mani lo aveva reso l’uomo più debole ed indifeso di tutto il borgo. Non avrebbe potuto chiedere aiuto a nessuno nè tantomeno nascondersi o farsi proteggere dai coccorocrati. Niente e nessuno aveva il potere di difenderlo dalle angherie dei feudatari. Allora, solo in quel momento, capì che l’unica vera soluzione era quella che aveva escogitato Ewald e quel gruppo di umili cittadini che aveva battuto alle elezioni: il segreto era spezzettare il potere e metterlo nelle mani di ogni singolo cittadino. In quel modo nessuno aveva veramente il potere di decidere, ma tutti insieme erano molto più potenti di tutti i feudatari uniti. Il voto e la partecipazione proteggevano tutti gli abitanti del borgo molto più che una intera guarnigione di armigeri. Alfrone, con gli occhi sbarrati, si accasciò come uno straccio bagnato, sulla sua poltrona, quasi senza forze e non disse più nemmeno una parola passando tutto il resto della sera a fissare lo spadone rimasto conficcato nel tavolo, maledicendo la sua stupidità e la sua brama di potere. "Sherikov infilò la mano nella borsa rigonfia. «A proposito… un'ultima cosa. Mentre se ne sta qui in convalescenza, dia un'occhiata a questi.» E gettò sul letto una manciata di schemi. Cole li prese lentamente. «Che cosa sono?» «Un lavoretto che ho buttato giù io.» Sherikov si alzò e si diresse verso la porta. «Stiamo riorganizzando la nostra struttura politica per evitare che in futuro possano venir fuori altri casi come Reinhart. Questo eliminerà eventuali concentrazioni di potere in un uomo solo.» Indicò gli schemi con il grosso indice. «Il potere verrà distribuito fra tutti noi, e non tra un numero limitato di persone che possono essere controllate da un unico individuo… così come faceva Reinhart con il Consiglio. «Il mio progetto renderà possibile ai cittadini di proporre decisioni e di prender parte a esse direttamente. Non dovranno aspettare che sia il Consiglio a farlo. Chiunque potrà far conoscere la sua volontà mediante questi aggeggi, notificando la sua volontà a una centrale di controllo che risponderà automaticamente. Quando una certa quantità di popolazione vorrà che si faccia una certa cosa, tutti insieme essi attiveranno un campo. In tal modo qualsiasi decisione non dovrà ottenere l'approvazione formale del Consiglio; i cittadini potranno esprimere la loro volontà assai prima di un mucchio di vecchi rimbambiti con i capelli grigi.»" Philip Dick - THE VARIABLE MAN (Space Stories, settembre 1953) Tanto per evitare inutili polemiche, partiamo dall’assunto che nessuno è depositario della verità assoluta. In piena campagna elettorale, però, risulta un esercizio estremamente difficile quello di mantenere pacato il tono della discussione e di procedere invece con argomentazioni che si basino su logica e obiettività. Con questo spirito vorremmo quindi focalizzare alcuni punti che ci sembrano importanti per meglio definire il modo di operare del MoVimento 5 Stelle nel territorio. Esistono alcune piccole sfumature che ci differenziano dal modus operandi del vecchio modo di fare politica. Senza voler affermare che il nostro modo sia “quello giusto”, ma che invece è semplicemente un modo “diverso” da quello degli altri, ci permettiamo qui di seguito di evidenziarle. L’obiettivo della vecchia politica è l’acquisizione del potere (attraverso il voto e i rapporti con i gruppi portatori di interessi) per poter attuare il suo programma politico. Le modalità con cui questo programma politico viene redatto possono essere molteplici e più o meno inclusive della partecipazione dei cittadini (i “tavoli” e i “banchetti” che vediamo fiorire in queste ultime settimane a Cesano ne sono un classico esempio), più o meno trasparenti, ma non è questo il punto. Il punto vero è che si tende alla concentrazione del potere nelle mani di poche persone (sindaco, assessori, gruppi ristretti di collaboratori legati al partito egemone). Il resto della cittadinanza, una volta votato, viene messo da parte per cinque anni e privato del suo diritto di decidere, proporre, informarsi, partecipare. Il politico diventa, anche suo malgrado, un accentratore di potere. E’ quindi, inesorabilmente un processo che tende all’esclusione. L’obiettivo del MoVimento 5 Stelle è, invece, quello di coinvolgere il maggior numero di cittadini attivi nella gestione della cosa pubblica. Per gestione intendiamo tutte quelle attività relative all’informazione, partecipazione, proposizione, decisione, di progetti e proposte volte a migliorare la comunità e a perseguire il bene comune. L’utilizzo e il coinvolgimento di tutte le risorse umane (professionalità, esperienza, testimonianza, memoria storica, ecc.) presenti sul territorio, a prescindere dal loro orientamento politico, con l’unico obiettivo di ottenere il meglio da e con quello che si ha a disposizione, rappresenta una evoluzione importante nel modo di concepire la politica. E’ quindi, per forza di cose, un processo che tende all’inclusione. Da quanto detto sopra ne consegue che il ruolo del rappresentante eletto cambia completamente, trasformandosi da “decision maker” a un custode e garante della trasparenza e della democrazia su tutti i passaggi decisionali importanti per la collettività. Il ruolo e le funzioni stesse di figure come il vice-sindaco, gli assessori e le modalità di definizione di incarichi e deleghe viene completamente ri-disegnato e ri-definito e calibrato su nuovi standard e modalità di interrelazione. Anche loro diventano propositori si, ma anche coordinatori di Tavoli di Progetto aperti e pubblici, organizzatori di Gruppi di discussione e Informazione, coordinatori di attività multidisciplinari e interdipendenti. Nella vecchia politica si attua quindi una concentrazione di potere nelle mani di pochi, mentre nella nostra concezione si determina una re-distribuzione del potere decisionale direttamente nelle mani dei cittadini attivi e responsabili. Si decreta in questo modo la fine della politica? Assolutamente no. Tutt’altro, la si nobilita. Il Politico (non il politicante) può ritrovare un suo spazio e una sua dignità in quanto finalmente slegato da “interessi di bottega” e può svolgere la sua missione di convincere i cittadini sulla bontà delle sue proposte utilizzando le sole armi della ragione, delle idee e della qualità delle sue proposte. Il nuovo Politico potrà finalmente concentrarsi sul bene comune e non sul mantenimento delle posizioni di potere acquisito, uscendo dal ricatto della gestione del consenso a tutti i costi. Libero da questi vincoli il Politico potrà finalmente proporre ciò che è giusto anziché ciò che politicamente conviene fare. Il nuovo Politico dovrà conquistarsi giorno dopo giorno, proposta dopo proposta il consenso dei cittadini smettendo di campare di rendita tra una elezione e l’altra. Sappiamo inoltre che Cesano non è collocata precisamente in Danimarca o in Svezia e che quindi il nostro territorio è sottoposto a fortissime pressioni di gruppi di potere ed economici, alcuni dei quali anche non precisamente legati alla legalità. Se si concentra il potere decisionale nelle mani di pochi, chiunque essi siano, la capacità di questi gruppi di esercitare su di loro pressioni e condizionamenti è molto forte. Se invece questo potere decisionale lo spezzettiamo in mille piccoli decisori, ecco che questo potere di condizionamento si riduce di molto. L’amministratore pubblico diventa in questo modo il mero esecutore delle volontà dei cittadini e la completa trasparenza dei suoi atti lo mette a riparo da qualsiasi pressione o condizionamento esterno. Siamo populisti? Siamo antidemocratici? Noi pensiamo invece di avere un sogno con un progetto per realizzarlo. Facciamo un piccolo ragionamento. L'attuale sistema di rappresentanza politica è nato, grosso modo, ai tempi di Cavour. Ora non stiamo a cavillare, ma nella sostanza, il sistema nel quale un cittadino elegga un suo rappresentante in Parlamento e, per tutto il tempo del suo mandato, non abbia alcun potere di revocargli il suo voto (=la sua delega), non è cambiato di un millimetro. In Politica, quindi, dal 1860 le cose non sono cambiate un granché. Vediamo cosa è successo, invece, in altri campi della società umana e facciamo qualche esempio:
Nel 1860 non esistevano il telefono, il fax, la televisione, il computer, internet, gli smartphones,
Bene, potremmo andare avanti ancora per pagine e pagine, ma penso che il concetto sia stato espresso sufficientemente. Allora, la domanda è questa: possibile che in tutti i campi ci siano stati dei progressi pazzeschi che hanno completamente cambiato la vita dell'uomo, tranne che nella politica? Possibile che con tutti i mezzi che abbiamo oggi a disposizione non ci sia nessuno che abbia provato a proporre un qualche miglioramento di questo sistema? Possibile che un cittadino di oggi abbia le stesse possibilità di influire sulle decisioni di chi lo rappresenta in parlamento di un cittadino che viveva nel 1860? Siamo proprio sicuri che non ci sia un modo efficiente ed economico di far decidere direttamente al cittadino? Siamo sicuri che questo sistema rappresentativo sia davvero il meglio di quello che riusciamo a pensare in politica? Non vi viene il sospetto che questi partiti, così attaccati a questo sistema, non abbiano voglia di mollare l'osso per non perdere il loro potere e i loro privilegi? Meditate gente, meditate..... Prendiamo la calcolatrice e facciamo due conti. [Dati ricavati da: UIL - Terzo rapporto sui costi italiani della politica 2013] Parlamentari (nazionali + europei): 1.041 Presidenti, Assessori e Consiglieri regionali: 1.270 Presidenti, Assessori e Consiglieri provinciali: 3.446 Sindaci, assessori, consiglieri comunali: 138.834 Questo totale ammonta a 144.591 persone (una città come Rimini) Aggiungiamo ora:
24.000 Consiglieri di amministrazione di società pubbliche 45.000 persone che lavorano negli Organismi di Controllo 39.000 personaggi che fungono da supporto degli uffici politici. Questo simpatico “gruppetto”, fatti quattro conti, ammonta a 108.000 persone (come Bolzano). Ah, stavamo quasi dimenticandoci di questi qui: 324.000 persone “di apparato” (i portaborse, collaboratori dei gruppi parlamentari e consiliari, segraterie dei partiti, collegi elettorali): e con questi ci riempiamo Bari. Dulcis in fundo c’è tutto il sottobosco di quelli che hanno incarichi diretti o consulenze, che ammonta a 545.000 persone (cinquecentoquarantacinquemila!): e così abbiamo riempito anche Genova. Mettiamoli tutti insieme e vediamo che il totale generale ammonta a 1.121.500 persone. Vogliamo ipotizzare che per ogni persona di quel milione e passa ce ne sono altri 4 (parenti, consanguinei e affini) che hanno tutto l’interesse personale affinchè le cose non cambino? La cifra finale di quanti con la politica ci campano ammonta quindi a 5.607.500: in pratica, con i nostri soldi, manteniamo una nazione come la Danimarca, e magari fossero almeno i politici danesi!… Ora ci rivolgiamo proprio a TE che alle scorse elezioni non hai votato: in Italia, alle ultime elezioni politiche, sono stati in 12.000.000 quelli che come te hanno alzato il dito medio e sono rimasti a casa. Per inciso, ti ricordo che il partito più votato è stato il PD con 8.600.000 voti e con quei voti si è preso la maggioranza in parlamento e attualmente sta governando. Bene, adesso rifletti e cerca di superare la nausea che ti viene quando si parla di partiti in Italia: non andando a votare pensi forse di fare chissà quale gesto di trasgressione, di protesta o ribellione? Pensi così di affermare la tua libertà e di non diventare complice di questo Sistema? Beeep! Risposta sbagliata! SEI TU il Sistema! In realtà ci sono 5.600.000 persone che campano e prosperano (alla faccia tua) contando sul fatto che tu e gli altri 12.000.000 come te continuino a non andare a votare per cambiare le cose. Continua pure a non andare a votare e a mostrare il dito medio! Bravo! E’ proprio questo quello che vogliono che tu faccia. E allora? Rifletti: vuoi fare davvero la differenza o vuoi rimanere una marionetta nelle loro mani? Pensaci prima che sia troppo tardi. |
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Giugno 2020
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